Cpr, Carpentieri “Previsto per legge, ma si apre solo a certe condizioni”

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Il responsabile Sicurezza nella Segreteria cittadina del Pd modenese e consigliere comunale Antonio Carpentieri interviene nel dibattito sulla possibile apertura di un Centro permanente per il rimpatrio a Modena nella struttura di via Lamarmora che ospitava il Cie. Ecco la sua dichiarazione:

“Il dibattito sulla possibile apertura a Modena di un Centro permanente per il rimpatrio degli immigrati che non hanno le carte in regola per poter rimanere sul territorio italiano deve partire dal quadro normativo nazionale. La legge Bossi-Fini (che come indicano i nomi dei proponenti non è stata certo voluta dal Partito democratico) impone che chi non è nella condizione di rimanere nel nostro Paese deve essere accompagnato alla frontiera o nel suo Paese d’origine. Serve, quindi, uno strumento che permetta concretamente di attuare la norma. Dopo aver controllato le persone, queste devono essere rimpatriate: è così che nacquero i Cie, Centri per l’identificazione e l’espulsione, esperienza che, però, si rivelò fallimentare. Con il decreto Minniti del 2017 si istituiscono i Cpr, Centri di permanenza per il rimpatrio che, la stessa norma dispone, devono evitare i due aspetti più problematici dei vecchi Cie: il sovraffollamento e una permanenza talmente allungata che rasentava l’internamento. I Cpr, infatti, possono ospitare al massimo 60 trattenuti e per non più di 60 giorni, eventualmente prorogabili di altre due settimane solo se lo stabilisce un giudice. Nell’esperienza modenese dei Cie, però, noi avevamo rilevato anche altre criticità legate a chi veniva demandata la gestione concreta affidata, tra l’altro, con appalti al massimo ribasso, la totale esclusione degli Enti locali dal controllo di quanto succedeva all’interno e la sottrazione di personale delle forze dell’ordine dal servizio al territorio. Insomma non si rispettavano i diritti delle persone trattenute, venivano spesi male i soldi pubblici e non ne veniva alcun beneficio al territorio. Sulla base di queste considerazioni, possiamo, quindi, confermare che il Cpr serve in quanto strumento previsto per legge, ma a Modena dovrà entrare in funzione solo se saranno garantite determinate condizioni. Ovvero la presenza di personale qualificato e formato che si interfacci con i trattenuti (i cui diritti contrattuali dovranno essere pienamente rispettati); la presenza di militari e personale di pubblica sicurezza aggiuntivo rispetto alle necessità del territorio (non basta che non venga sottratto al territorio, deve essere in aggiunta, il Cpr è al servizio di tutta la regione, Modena deve avere qualche compensazione per l’onere che si accolla!); la possibilità concreta, prevista ad esempio da uno specifico protocollo, per il Comune e gli Enti locali di accedere e verificare quello che accade all’interno della struttura. A queste condizioni il Cpr può aprire e può essere uno strumento in grado di rispondere a quanto previsto dalla legge: se poi qualcuno vuole ripensare il sistema della Bossi-Fini, noi, come sempre, siamo disponibili al confronto”.